mercoledì 9 maggio 2012

Disturbo dissociativo di diecimila identità

Alle elementari, mi ricordo che ero pettinato con la riga e i capelli stirati anche se di mio sono parecchio ricciolino, avevo gli occhiali e mi chiamavano "Il dottorino", perché stavo combinato così ed ero il primo della classe, come da mandato genitoriale.
Mi stavo sul cazzo da solo.
Come libertà, mi sfogavo nei temi.
Poi la mia maestra ha convocato mia madre e le ha chiesto se per favore potevo fare qualche testo libero o componimento più serio e/o canonico.
Di lì, un fiorire di "il mio compagno di banco è simpatico e veste sportivo..." e "la mia mamma è magra e sempre elegante...".
Delle medie non ricordo nulla perché ho una psiche piuttosto funzionale, ma scrivevo quello che si aspettavano e gli andava bene.
Al liceo, qualsiasi cosa scrivessi passava in secondo piano perché portavo la camicia fuori e guardavo fisso fuori dalla finestra. In effetti, quando mi distraevo dal portare la camicia fuori e guardare fisso fuori dalla finestra, iniziavo a fare un casino che non agevolava né la tranquillità della classe né la didattica. La didattica, quella troia.
All'università, non si scriveva, si leggeva.
Mi son stagliato sul panorama letterario di internet qualche anno fa, partendo con lo scegliere, a mo’ di dichiarazione di intenti sulla mia intera produzione, un nick quasi illeggibile.
Adesso, m'han detto tipo "Vuoi scrivere qui, con questi qui?" e io ho detto "Orca boia!" e allora ecco, oh miei 5 lettori!, mi ci trovate assieme a Azael, Coqbaroque, Demerzelev, Giggi, Lowerome, Mix, Spaam, Waxen e Woland, in una rubrica che si chiama I monologhi della Latrina, che mi sembrava un titolo elegante.

Il posto si chiama Diecimila.me.

Vi prego, qualcuno lo faccia sapere alla mia maestra delle elementari.

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